Questa è la vita

 

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Film in B/N durata 95 min. Episodio La Patente durata 15 min.  -  Incasso lire 225.000.000  (valore attuale €  5.888.429,75)  Spettatori 1.616.000

"Questa è la vita" 1954 di Luigi Zampa. Soggetto dalla novella omonima di Luigi Pirandello - L'episodio con Totò La patente è diretto da Luigi Zampa, Sceneggiatura Vitaliano Brancati, Produttore Felice Zappulla per Fortunia Film, Direttore della Fotografia Giuseppe La Torre, Musiche Carlo Innocenzi, Armando Trovajoli dirette da Ezio Carabella, Montaggio Eraldo Da Roma, Sceneggiatore Peppino Piccolo - Salvatore Prinzi, Direttore di Produzione Armando Grottini, Aiuto Regista Salvatore Rosso - Paolo Bianchini, Fonico Alberto Bartolomei e Giovanni Rossi.

 

Interpreti: Totò (Rosario Chiarchiaro), Armenia Balducci (sua figlia Rosinella), Anita Durante (sua moglie), Mario Castellani (il giudice), Nino Vingelli (il venditore di petardi), Attilio Rapisarda (l'usciere), Fiorella Marcon e Isabella Nobili (figlie di Chiarchiaro), Carlo Giuffrè (il professore), Lino Crispo, Renato Libassi, Memo Luisi, Franco Sineri.

 

Trama: È un film ad episodi. Quattro storie tratte da altrettante novelle di Luigi Pirandello, nelle quali si riflette sul rapporto realtà/finzione. Nel primo episodio, La Giara, diretto da Giorgio Pàstina, con Turi Pandolfini e Natale Cirino, si narra la storia di Zì Dima che, per aggiustare la giara di Don Lolò, ci resta chiuso dentro. Nel secondo episodio, dal titolo Il Ventaglino, diretto da Mario Soldati, con Myriam Bru e Pina Piovani, si racconta la storia di una ragazza madre, sola e indigente che, per vivere, chiede l'elemosina ai bordi di una via. Ma con i primi soldi raccolti, invece di comprare qualcosa da mangiare, la giovane acquista un ventaglio.

 

Attirando così l'attenzione di due bersaglieri di passaggio... Il terzo episodio è La Patente, per la regia e sceneggiatura di Luigi Zampa e di Vitaliano Brancati, con Totò, Armenia Balducci e Mario Castellani. E' la storia di Rosario Chiarchiaro che sfrutta la cattiveria della gente a suo vantaggio. Definito da tutti iettatore, minaccia il prossimo di portare jella, in cambio di denaro...  Ed infine, l'ultimo episodio: Marsina Stretta. Diretto e interpretato da Aldo Fabrizi, con Lucia Bosè e Walter Chiari. La rabbia e il fastidio di un testimone di nozze, causati da una marsina troppo stretta, danno la forza allo stesso testimone di convincere i genitori reticenti dello sposo, a dare il loro benestare al matrimonio...

 Film completo: Questa è la vita

Il film a episodi è ispirato a quattro novelle di Pirandello , l'episodio interpretato da Totò è della durata di circa 15 minuti. Pare che anche in questo film la censura abbia messo lo zampino: nella scena finale in cui Totò ottenuta dal tribunale la patente di jettatore alza il pugno in direzione del paese e grida: " Ed ora a noi due ! " , ma su questa inquadratura una voce fuori campo commenta: "Ma la lotta col paese non ci sarà perchè anche per Rosario Chiarchiaro la vita tornerà a sorridere , con e senza patente ".

 

Scriveva Tullio Cicciarelli: "[..] La patente è la biografia di uno jettatore [..]. L'episodio ondeggia fra il grottesco e la consueta perizia facciale del comico napoletano [..]"
E Mario Gromo: "[..] La patente trasforma in commediola , e talvolta in farsa , una stridente situazione drammatica[..] e Totò è qua e là efficace [..]".

 

 

Secondo film, dopo "L'uomo, la bestia e la virtù", sempre del 1953, tratto da un episodio pirandelliano e primo film a episodi con registi diversi, era stato annunciato con il titolo "La patente" che poi uscì con il titolo "Questa è la vita", mentre il titolo "La patente" rimase solo per l'episodio interpretato da Totò, per la regia di Luigi Zampa.

 

La presenza di Vitaliano Brancati come unico sceneggiatore conferisce al film la sua giusta misura pirandelliana e garantisce il pieno rispetto del testo letterario, anche se la regia di Zampa indulge all' estrema caratterizzazione del personaggio di Rosario Chiarchiaro, presentato volutamente quasi come un manichino da esposizione, ossia proprio quello che il personaggio vuole essere nell'esercizio della sua professione di iettatore, per il quale chiede un legittimo riconoscimento, appunto la patente. I capelli lucidi di brillantina e incollati alla testa, sono separati da una riga molto pronunciata in mezzo, che separa il viso in due parti nettamente distinte, dando rilievo al più impercettibile movimento facciale.

 

Così truccato, il personaggio diventa un vero e proprio clown bianco, depositario di una infinita malinconia, come un visibile accumulo e una sedimentazione secolare di miseria, di stenti e di fame, accompagnati tuttavia da una dignità irrinunciabile e da una volontà di rivalsa che proprio per questo, anzichè una rassegnazione visibile, rivela una  un sentimento senza perdono nei confronti del mondo.

 

L'interpretazione di Totò, strettamente legata alle intenzioni di Zampa e al testo pirandelliano, nel quale maschera e volto si intercambiano e si intrecciano spiegando il fenomeno dell' esistenza come finzione e della finzione come esistenza, si muove su un registro fisso, nel quale i movimenti sono lenti, la mimica ridotta a zero, le parole pronunciate come sentenze. Qualche esagerazione, come l' arrivo del telegramma funesto, il lampadario che cade, l'esplosione dei fuochi d'artificio e la machina che sbanda, costituiscono il limite del film, che avrebbe espresso molto meglio le facoltà del personaggio senza mostrarle visivamente.

 

Unico film nel quale la "maschera" di Totò viene usata per evidenziare un personaggio che non solo non ride mai, ma che è associato, sia pure in modo grottesco, ad una dimensione di morte. "La patente" fu scritta da Pirandello appositamente per Angelo Musco.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione


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