Titolo originale A prescindere Paese Italia - Anno 1956 - Compagnia "Spettacoli Errepi" che presenta la "Compagnia Totò-Yvonne Menard" - Genere Teatro di rivista - Regia Mario Mangini - Soggetto Nelli & Mangini - Sceneggiatura Artioli - Produzione Remigio Paone - Coreografia Gisa Geert Personaggi: Totò, Franca May (sostituita in seguito da Franca Faldini), Yvonne Menard, Enzo Turco, Franca Gandolfi, Alvaro Alvisi, Dino Curcio - Musiche Carlo Alberto Rossi - Costumi Folco A prescindere è una rivista di Totò presentata in tutta Italia nella stagione 1956 - 57. La prima si ebbe al Teatro Sistina di Roma, il 1º dicembre 1956 e dopo due mesi di rappresentazioni nella capitale la tournée toccò Milano, Genova, Firenze e Palermo. I commenti della critica, inizialmente timidi, divennero più favorevoli nelle successive rappresentazioni. Tuttavia, già la sera della prima, lo spettacolo fu chiuso da quattro minuti continui di applausi[1], mentre Sandro De Feo, il giorno dopo, chiudeva il suo articolo su L'Espresso, seppur critico, con le parole: Sandro De Feo, L'Espresso, Roma, 2 dicembre 1956. "[ ... ] L'altra sera al teatro Sistina Totò si è ripresentato al suo pubblico dopo sette anni di disputabili successi cinematografici [...] . Un applauso interminabile alla sua prima uscita e poi acclamazioni e risate durante quasi tutto il primo tempo sino alla improvvisa esplosione del Rock and Roll. Il secondo tempo è piaciuto meno e io credo che tutto lo spettacolo guadagnerebbe parecchio se lo si ridimensionasse, tagliando con coraggio in quella seconda parte a cominciare dal finalissimo e sostituendolo con il Rock and Roll. Anche riequilibrato in questo modo nessuno griderebbe al capolavoro. Per un ritorno cosi importante era lecito attendersi un testo più vivo e serrato e invenzioni più divertenti. Siamo ben lontani dal Totò a Capri e dal Totò nel vagone letto delle sue grandi stagioni di alcuni anni fa. E tuttavia lo spettacolo vale la spesa. Totò era più disorientato che stanco, e mi dicono che ha fatto presto nelle recite successive a ritrovare quasi tutta la sua verve e il suo scatto. E, in ogni modo, egli è sempre e di gran lunga l'apparizione più esilarante del nostro teatro di rivista [...] " . Orio Vergani, Corriere d'Informazione, Milano, 6 febbraio 1957. "Dopo sette anni di cinematografo, Totò è tornato alla rivista. Per sette anni i suoi gesti e la mimica anche più segreta del suo volto sono stati scrutati dagli obbiettivi nel gioco angolare delle luci e sono stati ingranditi nei primi piani dello schermo. [..] Le prospettive teatrali sono molto diverse: L'Uomo deve tornare ad essere Maschera, la mimica facciale più sottile deve diventare smorfia violenta, l'attore deve moltiplicare le dosi della virtù comica per ottenere l'onda lunga che lo metta in contatto con lo spettatore lontano. In certi momenti sembra non ci siano "valvole" che bastino per ottenere quello che in radiofonia si chiama un'alta fedeltà. I cinque, i dieci minuti dello sketch non bastano a dar vita ad un personaggio: sono appena sufficienti per modellare una macchietta. E' una lotta dura, un ritorno duro a mezzi tecnici più ristretti e più avari. [...] Questa prova di ridimensionamento è quasi tutta riuscita, soprattutto nella seconda parte della rivista. Prima, la famosa maschera ci era apparsa ogni tanto sfocata, come vista dietro ad un vetro qua e là smerigliato. La recitazione, più che una invenzione immediata, ci pareva "estratta" da un appello un po' inquieto a memorie di effetti che erano familiari sette o quindici o vent'anni fa - addirittura al tempo di Totò sconosciuto alle folle - e che i sette anni consumati in un'altra tecnica espressiva avevano reso un po' consueti. Le battute erano spesso un po' massicce: qualcuna scivolava su sentieri di una comicità facile ma un po' viscida. L'attore era andato approdando ai porticcioli di effetti già molte volte collaudati e per chi aveva buona memoria l'impressione era un po' quella di assistere ad una selezione antologica del "primo Totò" come nelle cineteche si fa con i cortometraggi del "primo Charlot". Le ripetizioni e le "citazioni classiche", si sa, non giovano effettivamente a nessuno, soprattutto nel teatro comico, che brucia rapidamente la sua prima virtù che è quella dell'inatteso. Gli effetti migliori Totò andava ritrovandoli più che negli scatti marionettistici di un tempo e più che nei divincolamenti disossati, nella dosatura delle sfumature mimiche. Alla fine, quando si è compiuto il congiungimento con la tradizione e con l'origine del vecchio music-hall - ci hanno detto che la parodia dell'Otello è un "numero" di andatura quasi petroliniana, che risale a molti anni or sono - Totò ha ritrovato completamente la sua sua misura di grande maschera comica. Il pubblico aveva avuto in un primo tempo una larga cordialità: alla fine ha avuto la prova che ritrovava il suo Totò nella misura completa e gli applausi si sono fatti fittissimi.[...] ". Fu la prima rivista dopo sette anni in cui Totò si era dedicato solo al cinema; gli autori tuttavia - Francesco Cipriani Marianelli (Nelli) e Mario Mangini - erano gli stessi di gran parte delle principali riviste portate al successo da Totò negli anni '40. "A prescindere" fu tuttavia anche l'ultima rivista portata in scena dal comico napoletano; la tournée stessa fu interrotta bruscamente, il 4 maggio 1957, mentre era in scena al Teatro Politeama di Palermo, per un'improvvisa malattia agli occhi di Totò, che lo rese quasi completamente cieco, costringendolo poi all'inattività totale per i successivi sette mesi. Con questo spettacolo Totò dava il suo definitivo addio, dopo oltre 35 anni di carriera teatrale, alle tavole del palcoscenico.