Letto a tre piazze

 

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Film in B/N durata 92 min.   Incasso  lire 441.000.000  (valore attuale € 9.762.396,69)  Spettatori 2.676.100   Video-clip 33 sec.

"Letto a tre piazze" 1960 di Steno. Soggetto Lucio Fulci, Bruno Baratti, Vittorio Vighi, Sceneggiatura Alessandro Continenza, Steno.  Produttore Cineriz, Direttore della fotografia Alvaro Mancori, Musiche Carlo Rustichelli dirette da Pir Luigi Urbini, Montaggio Giuliana Attenni, Sceneggiatore Ottavio Scotti, Direttore di produzione Oscar Brazzi, Aiuto regista Mariano Laurenti, Fonico Ovidio Del Grande e Oscar Di Santo.

Interpreti: Totò (Antonio Di Cosimo), Peppino De Filippo (prof. Castagnano), Nadia Gray (Amalia), Maria Cristina Gajoni (la domestica), Aroldo Tieri (l'avvocato), Mario Castellani (il preside), Angela Luce (una ballerina), Gabriele Tinti (fidanzato della domestica), Luciano Bonanni (il tassinaro), Nico Pepe (il direttore dell'albergo), Cesare Fantoni (don Ignazio), Paolo Ferrari (il commissario).

Trama: Amelia e Peppino, mentre festeggiano il decimo anniversario del loro matrimonio hanno la sgradita sorpresa  del ritorno del primo marito Antonio (Totò) di lei dato per morto in Russia.

I due mariti, ognuno convinto di essere nel giusto, si fanno la guerra mandando in clinica Amelia sull'orlo del collasso nervoso. Quando Amelia guarita parte in  crociera con il suo avvocato, Peppino e Antonio prendono l'aereo per raggiungerla, ma l'aereo cade e i due sono dati per dispersi. Si rifanno vivi al quinto anniversario di matrimonio di Amelia col terzo marito.

Film completo: Letto a tre piazze

Critica: Una delle più classiche farse, adattata da Steno senza gran fantasia. Ci sono pur sempre Totò e Peppino. Totò e Peppino De Filippo sono sistematicamente adoperati dai produttori del più usuale film comico italiano come accade alle coppie brillanti dell'avanspettacolo.

Buttati allo sbaraglio, senza copione e con molto mestiere, ad arrangiarsi in scena alla bell'e meglio. Tanto si sa che il pubblico tollerante ride in ogni caso. E si diverte. Claudio G. Fava, "Il corriere della mercantile", Genova 15 settembre 1960.

Questo film di Steno trae certamente lo spunto dalla commedia di Eduardo "Napoli milionaria", divenuta film nel 1950, e da un fatto di cronaca effettivamente avvenuto a Napoli.

Il problema dei reduci e dei dispersi della guerra di Russia era all'epoca molto sentito, tant'è che ha prodotto anche film "seri", come "Italiani brava gente" di Giuseppe De Santis (1962) e "I girasoli" di Vittorio De Sica (1969).

In questo "Letto a tre piazze" la cornice realistica è tutta giocata e bruciata sul piano della farsa e della pochade, dove si sprigiona l'apparente dramma, che Steno vorrebbe trasformare in commedia, ma che diventa, alla fine, una mediocre passerella di sketches da teatro di rivista. Il pretesto del film è quello di porre in primo piano il duo clownesco, de Curtis-De Filippo, esaltandone i contrasti.

Il film purtroppo, soprattutto nella seconda parte, scivola verso la barzelletta sceneggiata, infarcita di luoghi comuni e banalità e il duo riesce solo in parte a riscattarne la mediocrità.

Non mancano i soliti lazzi linguistici, come "io sono un eroe" "S'inforni", biga per bigama, ipocrifo per ipocrita, frigorifero per fedigrafo, siamo in avaria inteso come  stiamo arrivando da Maria, adulto per adultero, cum summa iniuria, l'avevo preso per siculo, in Abissinia per inammissibili, Salomone, Salmone e Salamino per Salamone, bibite per Bibbia, mettere i tubi per mettere i dubbi, alito per alibi, presbite per preside, allora lei è un signor miope, perizia callifuga per perizia calligrafica, sono in Anzio per sono in ansia, rato ma non consumato interpretato come che si può consumare a rate.

Al parroco venuto a mettere pace, in uno scoppio di euforia Totò dice Bravo don Ignazio, lei farà carriera. Lo faranno capitano. La sequenza del tabarin, che è un topos della filmografia di Totò, richiama la medesima atmosfera di "Una di quelle" e di "Totò e le donne".

Nonostante le gravi manchevolezze della trama, della sceneggiatura e della regia, entrambe approssimate e affrettate, le situazioni clownesche sono esilaranti, come quella, in assoluto, della camera da letto, dove Totò e Peppino dormono insieme.

La scena è in parte una rielaborazione e un adattamento delle due precedenti del wagon-lit, tratte da "Totò a colori" e "Totò a Parigi", ripresa poi ed elaborata ancora in "Totò e Peppino divisi a Berlino".

Qui l'esagerazione e l'ipertrofia recitativa di Totò, con il quadro di Stalin appeso al muro, le varie intemperanze e angherie perpetrate ai danni della sua vittima, risultano giocate sul suo registro minore, che è quello appunto della farsa un po' surreale.

Molto bella e gradevole è la scena con Mario Castellani, nell'aula scolastica, che richiama vagamente "Totò cerca casa", dove la satira si sviluppa su un piano di garbata comicità. Il film ha ricevuto nel 1960 al Festival del cinema comico e umoristico di Bordighera l'Ulivo d'oro.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione

 

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