Totò all'inferno

 

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Film a colori durata 90 min.  -  Incasso lire 325.500.000  (valore attuale € 8.522.727,27)  Spettatori 2.345.000     Video-clip 36 sec.

"Totò all'inferno" 1955 di Camillo Mastrocinque. Soggetto Antonio De Curtis, Sceneggiatura Vincenzo Metz, Francesco Nelli, Mario Mangini, Italo De Tuddo. Produttore Carlo Ponti e Dino De Laurentiis per Carlo Ponti Cinematografica Excelsa Film in ferraniacolor, Direttore della fotografia Aldo Tonti, Musiche Pippo Barzizza, Montaggio Gisa Radicchi Levi, Sceneggiatore Alberto Boccianti, Direttore di produzione Alfredo De Laurentiis, Aiuto regista Leopoldo Savona.

Interpreti: Totò (Antonio Marchi), Franca Faldini (Maria), Maria Frau (Cleopatra), Dante Maggio (Pacifico), Mario Castellani (Cri Cri), Ubaldo Lay (Belfagor), Fulvia Franco (la dirimpettaia), Nerio Bernardi (Satana), Galeazzo Benti (il cantante), Maja Jusanova (miss Angoscia), Mario Pisu (Tolomeo), Vincent Barbi (Al Capone), Erica Sendecher (Luisa), Aldo Giuffrè (Minosse), Gustavo Giorgi (Mustafà), Giulio Calì (Caronte), Ignazio Balsamo (l'infermiere).

Trama: Dopo una serie di tentati suicidi il ladro Totò annega e si ritrova all'inferno, dove incontra Cleopatra da lui amata in una precedente vita quando era Marcantonio. Per la gelosia di Satana è costretto a fuggire sulla terra ma viene ripreso dai diavoli.  Alla fine Totò si sveglia e si accorge che era solo un incubo.

CLIP: Totò all'inferno

Critica: Questa farsa si giustifica soltanto con il favore che gode presso il pubblico il popolare mimo, il quale qui dispiega tutte le risorse del suo repertorio comico, costituito da ridolinate, fumisterie, battute e situazioni sono sempre inedite, alcune delle quali capace di strappare qualche risata, all'insaputa della noia. Maurizio Liverani "Paese sera" Roma 28 maggio 1955.

 "Totò all'inferno", è il primo degli undici diretti da Camillo Mastrocinque; un film a metà strada tra la farsa e la parodia, nel quale il personaggio centrale, appunto Totò, viene considerato all'interno della maschera universale, del tipo "Charlot" e della serie "Totò al giro d'Italia", "Tototarzan" ecc.

 

Ciò ha ridimensionato le immense qualità recitative di Totò riconducendolo alla marionetta, al tipo, alla maschera: un pretesto per catapultare il personaggio in scenari straordinari, facendogli recitare tutto il repertorio della rivista di teatro, ivi compresi gli sketch di sempre.

 

La sceneggiatura risulta nell'insieme sconclusionata e non trova giustificazioni nel fatto che, trattandosi di un sogno raccontato, si possa scomporre la trama senza raccordi narrativi.

 

La presenza di Metz tra gli sceneggiatori ha poi enfatizzato tutti quegli aspetti surreali insiti già nella trama e motivati, solo alla fine, come prodotti dell'attività onirica del protagonista; la didascalia iniziale, infatti, avverte il pubblico che sta per assistere ad una vicenda che "si svolge tra realtà e surrealismo".

 

I tre registri recitativi di Totò non si evolvono secondo una linea retta e uno sviluppo cronologico, ma si intrecciano o si alternano senza una logica o un'evoluzione in tutta la serie dei 97 film. Così questo "Totò all'inferno" è preceduto dallo stupendo episodio de "L'oro di Napoli" ed è seguito dall'altrettanto straordinario "Siamo uomini o caporali?", di Mastrocinque.

 

Il film ha il sapore dell'avanspettacolo, a cominciare dal nome del protagonista, Antonio Marchi, facilmente riconducibile al Marcantonio della cultura popolare, ai dialoghi con i doppisensi, lo stereotipo di Cleopatra e del suo naso, la scenografia dell'inferno e la psicologia dei diavoli, tutto è volutamente di maniera, come avveniva nell'avanspettacolo, dove si giocava proprio sullo stereotipo e sul luogo comune.

Varie scopiazzature da film precedenti e da riviste degli anni d'oro sono evidenti in molti passaggi della sceneggiatura, come i vari tentativi falliti di suicidio, ripresi pari pari da "Animali pazzi" o l'incontro con gli esistenzialisti, fotocopiato da "Totò a colori", che a sua volta copiava da "L'imperatore di Capri", o lo sketch delle sorelle siamesi, i dialoghi con Cleopatra, con Belfagor, Satana e soprattutto con l'amico Pacifico (Dante Maggio), anche lui defunto e pronto a sostenere "tutte cose".

 

Pertanto questa interpretazione, che va per larga misura scritta allo stesso Totò, con la complicità di Camillo Mastrocinque (alla prima prova) e la colpevole manomissione di Metz, deve essere catalogata tra quelle farse rivistaiole nelle quali pur tuttavia si esprime sempre al meglio il carattere della "maschera".

 

Eccellenti le entrate, le pause e le allusioni allo spettatore, proprio come si usava nel teatro di rivista dell'epoca, nel quale Totò torna quando può, con la massima scioltezza e con la piena soddisfazione del pubblico e sua.

 

Il personaggio, vestito con il riconoscibile abito e bombetta, qui percorre tutto l'arco della vicenda sprigionando una comicità allo stato puro, cioè liberata da qualunque intenzione satirica o moralistica.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione


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