I soliti ignoti

 

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Film in B/N durata 102 min.  -  Incasso lire 987.670.000  (valore attuale € 21.177.685,95)  Spettatori 5.754.000   Video-clip 36 sec.

"I soliti ignoti" 1958 di Mario Monicelli. Soggetto Age, Furio Scarpelli, Sceneggiatura: Age, Furio Scarpelli, Mario Monicelli, Suso Cecchi D'Amico. Produttore Franco Cristaldi per Vides Cinematografica Lux Film Cinecittà. Direttore della fotografia Gianni Di Venanzo, Musiche Piero Umiliani, Montaggio Adriana Novelli, Sceneggiatore Piero Gherardi, Direttore di produzione Nicolò Pomilia, Aiuto regista Mario Maffei, Fonico Luigi Puri e Oscar Di Santo.

Interpreti: Totò (Dante Cruciani), Marcello Mastroianni (Tiberio), Vittorio Gassman (Peppe), Renato Salvatori (Mario), Claudia Cardinale (Carmela), Rossana Rory (Norma), Carla Gravina (Nicoletta), Carlo Pisacane (Capannelle), Memmo Carotenuto (Cosimo), Tiberio Murgia (Ferribotte), Gina Rovere (Teresa), Mario De Simone (il rigattiere), Mario Feliciani (il commissario), Mimmo Poli (un detenuto), Lella Fabrizi (Ada), Nino Marchetti (impiegato agenzia dei pegni).

Trama: Peppe, pugile in disarmo, riesce a carpire, in carcere, un piano per una rapina a Cosimo capo di una piccola banda di ladruncoli da quattro soldi: Mario, Tiberio, Ferribotte e il vecchietto Capannelle. Prima di fare il colpo, che dovrebbe sistemarli per tutta la vita, si rivolgono a Cruciani (Totò) specialista di scassi e casseforti ora sorvegliato speciale. Il furto deve avvenire in un Monte di pegni. Riescono a penetrare con uno stratagemma nell'appartamento confinante, ma sbagliano parete invece di raggiungere la stanza della cassaforte forano la parete che dà nella cucina del medesimo appartamento. Delusi si fanno una mangiata di pasta e ceci e all'alba se ne vanno.

Film completo: "I soliti ignoti"

 

Critica: Tra le tante cose notevoli di un film tra i più calibrati del cinema italiano, l'interpretazione di Vittorio Gassman, che per la prima volta affronta un ruolo comico dopo le numerose interpretazioni degli anni '50 nelle parti di «vilain».

Monicelli deve insistere con i produttori, spaventati di fronte a una scelta così audace, e deve modificare il volto dell'attore: gli mette una parrucca, gli corregge il naso aquilino, gli gonfia un labbro, lo fa tartagliare trasformandolo in un tonto simpatico, perfettamente adatto alla parte del pugile suonato ma di bell'aspetto. Gassman non è la sola scoperta di un film che vede l'esordio della Cardinale (…) e di Tiberio Murgia, barista sardo notato un giorno da Monicelli e confinato poi nelle parti di siciliano.

 

Anche Carlo Pisacane è in realtà un caratterista napoletano della sceneggiata, reso bolognese da Monicelli.

Il quadro è completato da Mastroianni, che ricopre un ruolo che aveva già avuto nei suoi primi film da protagonista, soprattutto in Peccato che sia una canaglia di Alessandro Blasetti; da Salvatori, reduce dal successo della serie dei Poveri ma belli diretti da Dino Risi e da Totò. Sembra tra l'altro che questi ultimi tre siano stati la chiave di volta che ha convinto i produttori a tentare l'esperimento-Gassman.

 

Ma la forza del film non sta soltanto in una perfetta distribuzione, né nel ritmo incalzante della sceneggiatura, perfetta come forse in nessun altro film di Monicelli.

 

I soliti ignoti è la dimostrazione di un percorso che il cinema in Italia riesce a compiere autonomamente, senza dovere nulla al teatro o alla letteratura. Nonostante che gli interpreti, gli sceneggiatori e il regista siano gli stessi di molti altri film, esiste una profonda diversità tra questi balordi e l'umanità marginale di tante farse precedenti. Il bozzetto lascia il posto ai personaggi, e le gag si integrano con i drammi quotidiani, compresa la morte: anzi, I soliti ignoti - come ebbe ad osservare Pietro Germi - è il primo film comico dove compaia la morte.

Anche il tema dell'amicizia virile, tradizionalmente estraneo alla cultura e allo spettacolo italiani ed elemento invece tipico del cinema americano, (dalla commedia all'avventura del western), si presenta come uno dei passaggi più importanti per conoscere Monicelli: il mondo maschile è visto come il mondo dell'infanzia, dove i personaggi vivono la dimensione della banda come una liberazione dalla famiglia e come dimostrazione di autosufficienza. Più tardi, in L'armata Brancaleone e soprattutto in Amici miei, Monicelli accentuerà le caratteristiche regressive di questo comportamento, osservandolo al tempo stesso con lo sguardo corrucciato con cui il vecchio Capannelle vede cadere ad uno ad uno gli amici sull'altare del lavoro e della normalizzazione. (…)

 

Il successo di I soliti ignoti è incondizionato: il pubblico mostra di gradire una commedia un po' meno brillante e un po' più amara di quelle viste sino a quel momento, e la critica sembra accorgersi che qualcosa è cambiato. La linea è quella del prodotto medio adatto non solo all'Italia industriale e unificata, ma anche all'esportazione; il modello, favorito anche dai frequenti contatti produttivi di cui si è detto, è quello del cinema americano, al termine degli anni '50 aperto alle problematiche sociali, dopo l'esaurimento della spinta maccartista e sull'onda del disgelo.

Film di straordinaria fattura. Nastro d'argento per la migliore sceneggiatura e per il miglior attore protagonista (Vittorio Gassman), Vela d'oro a Locarno, Olivo d'oro al festival di Bordighera, Coppa d'argento al festival di S. Sebastian e primo esempio luminoso di commedia all'italiana, "I soliti ignoti", segna il passaggio del cinema comico italiano ad un livello di analisi realistica attenta e rigorosa, che non solo non impoverisce l'effetto comico finale, ma lo rende anzi più attendibile e gustoso.

 

Certamente Age e Scarpelli si sono ispirati, facendone una parodia, al "Rififi" (1955) di Jules Dassin e hanno rielaborato e riassestato l'impianto narrativo de "La banda degli onesti", adattandolo alla nuova trama. L' interpretazione di de Totò, che fa il ruolo del vecchio "professore" in scasso. Dante Cruciani, è una vera e propria gemma nel film.

 

Totò vi compare in due sole scene, dando ad entrambe un sapore intenso, che mette tra parentesi i pur bravissimi attori che vi partecipano. Nella prima Totò fa un suo commento, dopo la sgangherata proiezione del filmato sulla banca, dichiarandosi pronto a impartire una lezione di scasso per un compenso di 50.000 lire.

Nella seconda, sulla terrazza, tiene la lezione con una vecchia cassaforte, come un vero professore che cita anche in latino ("in corpore viri"), pronunciando la famosa battuta su fu Cimìn, scambiato subito da Mastroianni per un cinese. La scena si conclude con l'arrivo del brigadiere e con la battuta di Totò, che fingendo di stendere i panni, dice come vede, si lavicchia.

Pur nella brevità delle due scene, de Curtis tratteggia un personaggio esemplare e indimenticabile, freddo e scientifico, d'una ironia clownesca, che lascia intravedere un'intera vita di esperienza, ma anche di fallimento, nel settore dello scasso.

La sua apparizione in vestaglia sulla terrazza nella seconda scena, ripresa in campo lungo e zoom, è luminosa, intensa, assorbente, ma trasmette anche un'aria di malinconia, come di un uomo rimasto povero dopo tutti i tentativi fatti per arricchirsi, e getta una luce sinistra sull'esito che avrà l'impresa alla quale stanno per accingersi quei "giovani" ai quali è diretta la lezione su come aprire una cassaforte. 

L'apparizione di Totò, soprattutto nella seconda scena, diventa come un parafulmine di tutto il film: Dante Cruciani è ben noto alla polizia del quartiere (il brigadiere, salendo le scale, lo chiama per nome con un intercalare che presuppone un'abitudine e Cruciani stesso dice che il giorno prima la polizia aveva fatto un controllo) ed è quindi un fallito, come saranno i cinque poveri diavoli alla fine della loro storia e forse anche della loro vita.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione


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