Gambe d'oro

 

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Film in B/N durata 100 min.  -  Incasso lire 194.500.000  (valore attuale € 4.530.475,20)  Spettatori 1.241.000   Video-clip 39 sec.

"Gambe d'oro" 1958 di Turi Vasile. Soggetto e Sceneggiatura Antonio Margheriti, Turi Vasile. Produttore Gilberto Carbone per Film del Centauro Compagnia Cinematografica S.p.A. TITANUS, Direttore della fotografia Carlo Bellero, Musiche Lelio Luttazzi e Mario Bacilieri, Montaggio Mario Serandrei, Sceneggiatore Piero Filippone, Direttore di produzione Danilo Marciani, Aiuto regista Roberto Pariante, Fonico Kurt Doubraswsky.

Interpreti: Totò (barone Luigi Fontana), Elsa Merlini (sua moglie), Rossella Como (sua figlia), Paolo Ferrari (Aldo), Scilla Gabel (Gianna), Memmo Carotenuto (Armando), Dolores Palumbo (moglie di Armando),  Rosario Borelli (Franco), Turi Pandolfini (il sindaco), Giampiero Littera (Riccardo), Luigi Pavese (commendator Renzoni).

Trama: Il barone Fontana presidente della squadra di calcio di Cerignola, è molto avaro e lesina ad Armando, l'allenatore, i soldi per la squadra. Per colmare la misura un industriale milanese, Renzoni, offre una grossa cifra al barone per comperare i due giocatori più bravi, Aldo e Franco. Armando si dispera. Quando la nazionale azzurra viene a Cerignola, a disputare una partita di allenamento, la piccola squadra gioca con entusiasmo e impegno riportando una bella vittoria che spinge i due giocatori a rimanere, convinti che insieme formeranno una forte squadra. Anche il Barone li sostiene, finalmente con generosità.

Film completo: Gambe d'oro

Critica: È un film di Totò, ma con poco Totò. Conseguentemente anche il divertimento del pubblico diminuisce. Non è più come una volta, quando il comico napoletano era presente dal principio alla fine: oggi il suo nome è preceduto sui titoli di presentazione dalla frase "con la partecipazione straordinaria di Totò". Peccato, perchè il suo humor, da quel non molto che si vede, è ancora quello di una volta, capace di entusiasmare l'intera platea. "Corriere Lombardo", Milano, 28 agosto 1958.

 

In un ruolo di non protagonista, Totò dà vita ad un personaggio che appartiene alla serie dei ritratti "duri", come in "47 morto che parla", "Totò terzo uomo" e "I due colonnelli", nei quali alla maschera bonaria si sovrappone un ghigno risoluto, che vuole essere cinico e spietato, senza mai riuscirvi.

 

In un film di sapore molto provinciale, dove però nessuno (tranne un po' il barbiere) parla il dialetto pugliese, interpretato da un improbabile, anche se bravo, ma romanissimo Memmo Carotenuto, de Curtis riesce a tratteggiare un carattere, quello del barone Fontana, commerciante di vini, da tutti temuto, con una recitazione sobria, tutta mirata a delineare il "tipo", ma anche e insieme attenta a caricare il personaggio di innumerevoli dettagli realistici e intimi, che fanno cancellare gli opposti, dando luogo a un tipo che è gustosamente simpatico e antipatico, burbero e tenero, inflessibile e cedevole, ingenuo e furbo, cinico e generoso.

 

Nel fare il duro con la moglie (EIsa Merlini), con la figlia (Rossella Corno), col futuro genero (Paolo Ferrari), con l'amico allenatore e con i suoi operai, Totò rivela quell'animo candido che si sforza di tenere nascosto.

 

Inserito in un film dolciastro, che vinse tra l'altro l'Ulivo d'oro al festival comico e umoristico di Bordighera, ispirato vagamente a certo cinema americano di ambiente sportivo, caratterizzato da un timbro sentimentalistico e da una psicologia di maniera, Totò riesce a sollevare il livello della storia ogni volta che entra in scena, sicchè il film, alla fine, senza nulla togliere all'onesto Vasile, vale solo per quelle scene, senza le quali si ridurrebbe ad una stucchevole storiellina da fotoromanzo, con il solito amore prima contrastato e poi trionfante.

 

Vasile tuttavia, grande osservatore della realtà e sempre attento ai singoli dettagli, sa cogliere bene l'ambiente generale e sa caratterizzare talora anche con poesia certe situazioni, tra le quali spicca quella in cui Franco (Rosario Borelli), dondolandosi su una corda, rivela all'allenatore che gli è nato un bambino.

 

È in questi ruoli che si rivela la grandezza recitativa di Totò, che anche quando è schiacciato dentro un ruolo a macchietta, dentro un carattere o un "tipo", come in questo caso, riesce sempre e comunque a costruire un personaggio vero, reale, che fuoriesce dai limiti impostigli dal copione, attraverso un assoluto controllo che gli impedisce qualunque esagerazione, nella quale cadevano molti comici del suo tempo.

Il culmine del sentimentalismo dolciastro e di derivazione americana è raggiunto nella scena in cui tutta la squadra del Cerignola irrompe nella modesta camera della puerpera Gianna Savelli (Scilla Gabel), coprendo il letto di regali.

Non mancano comunque i soliti piacevoli giochi linguistici, quali una volta tandem, cerea, audax fortuna juventus, in manos tuas, fiat autobus, se lo sapevo mi mettevo le galoscies, porpora per puerpera, ecc.

Al finale del film si è ispirato nel 1970 Luigi Filippo D' Amico nel suo "Il presidente del Borgorosso Football Club", che molto deve, nella sua struttura, a questo "Gambe d'oro" di Turi Vasile.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione


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