La cambiale

 

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Film in B/N durata 105 min.  -  Incasso lire 376.000.000 (valore attuale € 9.814.049,58)  Spettatori 2.705.000   Video-clip 38 sec.

"La cambiale" 1959 di Camillo Mastrocinque. Soggetto Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Sceneggiatura Giulio Scarnicci, Renato Tarabusi, Roberto Gianvito, Vittorio Mets. Produttore Jolly Film, Direttore della fotografia Alfonso Mancori, Musiche Carlo Innocenzi, Montaggio roberto Cinquini, Sceneggiatore Piero Filippone, Direttore di produzione Franco Palaggi, Aiuto regista Franco Montemurro.

Interpreti: Totò (Dante Posalaquaglia), Peppino De Filippo (Peppino), Vittorio Gassman (il toscanini), Sylva Koscina (Odette), Ugo Tognazzi (Balzarini), Erminio Macario (investigatore), Giorgia Moll (Maria) , Raimondo Vianello (Olimpio), Paolo Ferrari (Ottavio), Lia Zoppelli (signora Balzarini), Aroldo Tieri (Bruscatelli), Luigi Pavese (Temistocle Bisogni), Gina Rovere (Lola), Toni Ucci (impresario), Eduardo Passarelli (il pretore), Giacomo Furia (cancelliere), Laura Nucci (una cliente), Fara Libassi (contessa), Ugo Sasso (detenuto), Mario Castellani (avv. Incarta), Pasquale De Filippo (brigadiere, Michele Malaspina (il ministro).

Trama: Il commendator Bruscatelli, prima di essere arrestato, rilascia ai cugini Dante Posalaquaglia (Totò)  e Peppino Posalaquaglia una cambiale a risarcimento di un danno, che i due passano al tabaccaio Bisogni quale affitto per la loro casa.
La cambiale protestata passa di mano in mano per finire di nuovo nelle mani di Bisogni che la passa ai Passalaquaglia in cambio di una falsa testimonianza. Scoperti, i due finiscono in carcere dove incontrano il Bruscatelli a cui restituiscono la cambiale che egli rinnova con un'altra equivalente.

 clip: La cambiale

Critica: Il film ha una struttura ad episodi e Totò fa soltanto una partecipazione. Inizia a girare la sua parte il 6 giugno del '59, ma dopo un paio di giorni ancora problemi all'occhio lo costringono al riposo. Il film e' ormai terminato, tutti gli episodi sono completati manca solo quello di Totò ma nessun medico è in grado di dire quando gli sarà possibile ritornare a girare. Ritorna nei teatri di posa della Titanus il 31 ottobre e gira la sua parte in una settimana , poi di nuovo riposo. E' costretto a rifiutare per motivi di salute la proposta di "Ferdinando I re di Napoli" in cui avrebbe recitato ancora con Peppino. Scriveva Ugo Casiraghi: " [..]

L'idea era ottima. Poteva dar luogo a un film drammatico. Il viaggio di una cambiale alla scoperta della disperazione italiana. [..] Totò, Peppino, Tognazzi e Vianello formano coppie talmente affiatate, che ormai non sentono più nemmeno il bisogno di prepararsi. E fanno male [..] ".


Dal Corriere della sera: " [..] Un film a incastri, che ha i suoi capitoli più spassosi laddove sono di scena un Totò in ottima forma, un Peppino De Filippo che gli fa buona compagnia [..] ". Leo Pestelli: " [..] Spicca [..] il duetto Totò-De Filippo davvero spassoso specialmente nella scena in Pretura che conclude in farsa la vicenda"

 

Può essere considerato tra quelli diretti da Mastrocinque uno dei minori anche se nell'insieme la storia raccontata e ben interpretata da Gassman e Peppino De Filippo, è molto aderente all'attualità del momento. Il film, che ha una sceneggiatura inesistente, tesa solo a giustificare una collezione di scenette di stampo rivistaiolo, è strutturato su una comicità di tipo vecchio, ampiamente sfruttata sia in teatro che al cinema, Anzi in più di un caso sembra un vero e proprio teatro filmato, con il trionfo della cambiale che passa di mano in mano, di situazione in situazione, di ambiente in ambiente, fino a ritornare nelle mani di coloro che sono stati i primi a riceverla: una cambiale che mostra un evidente errore di scenografia, infatti all'inizio del film è lunga appena 10 centimetri e alla fine supera i 30. Il "viaggio" di una cambiale, consegnata ai due idioti Totò e Macario dall'imbroglione commendator Bruscatelli (Aroldo Tieri) attraverso la società italiana che si avviava agli anni '60.

 

Anche in questo film Totò, che non è protagonista, si trova in posizione di spalla nei confronti di Peppino De Filippo, anche se il suo volto clownesco non esita, come sempre, a rivelarsi nelle mille piccole angherie esercitate sul suo compare clown bianco, colpendolo ripetutamente sul piede, dandogli una testata, chiudendogli le mani tra due sedie, spedendo il padrone di casa nell'armadio, battendo ripetutamente le mani oppure assestando un calcio all'usciere, nell'ufficio del commendatore.

 

Non mancano i giochi linguistici, come cronica per cronaca, Marcella per parcella, bracco fesso per breakfast, oltre agli innumerevoli scambi di nome cui si associano gli ormai classici e collaudati scambi gerarchici, chiamando "comandante" il pretore e poi aggiungendo il solito lo farannoo! Insomma ci troviamo di fronte ad una commediola che non ha lo spessore ne di "Siamo uomini o caporali?" ne de "La banda degli onesti", sempre di Mastrocinque. Totò in questo film sembra recitare con distrazione, con poca convinzione e poco animo, sorreggendo Peppino più che trascinandolo. La comicità che ne risulta è dunque nel complesso debole, disarticolata e la sua stessa clownerie appare sotto tono e densa di luoghi comuni sul piano recitativo.

 

La scena del processo, sciatta e volgare, evidenzia con chiarezza la maggiore forza di Peppino rispetto a Totò, che invece risorge nei duetti con Macario e Aroldo Tieri, dove scatena tutta la sua clownerie sia sul piano recitativo che mimico, come la scena in cui intreccia i telefoni con Peppino De Filippo (scena già vista in "Totò, Peppino e i fuorilegge", in "Totò, Vittorio e la dottoressa" e in "Totò, Peppino e le fanatiche"), rispondendo contemporaneamente a quattro apparecchi.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione

 


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